Costellazione del Toro
Citazione tratta da "Le Metamorfosi" di Ovidio - II vv. 846/875, III vv. 1/2
"Non vanno d'accordo né possono stare insieme
la maestà e l'amore. Deposta la dignità dello scettro,
colui che è il padre e signore degli dèi, la cui destra è armata
dalle fiamme a tre lingue, lui che con un cenno fa scuote la terra,
si riveste dell'aspetto di un toro, entra nel gruppo delle giovenche
e muggendo insieme a loro si pavoneggia sull'erba tenera.
È bianco comela neve mai profanata
dall'impronta di un duro piede né ridotta in poltiglia dall'Austro piovoso;
sul collo appaiono in rilievo i muscoli, dalle spalle gli pende la giogaia;
ha corna piccole ma tali che si direbbero
scolpite a mano e più trasparenti di una pura gemma;
sulla sua fronte non si addensano minacce e il suo occhio non fa paura ma ha
un'espressione pacifica. La figlia di Agenore si stupisce
che sia tanto ben fatto e che non sia bellicoso;
eppure in un primo momento ha paura di toccarlo, anche se è così mite;
ma poi si decide e va a porgere fiori al bianco muso.
Gode l'innamorato e, in attesa dello sperato piacere,
le bacia le mani, mentre con grande fatica rimanda il resto.
Intanto, scherzandole intorno, ora saltella sull'erba verde,
ora stende il candido fianco sulla rena dorata e,
dopo averle tolto a poco a poco ogni timore, le offre il petto
perché lei vi batta sopra la sua mano vergine;ora le porge le corna perché
vi intrecci delle nuove corone. Infine la principessa
osa sedersi sulla schiena del toro, ignara di chi sia colui che sta cavalcando.
È venuto il momento che il dio lasci pian piano la terra e la spiaggia;
egli affonda quei piedi che non sono suoi nell'acqua bassa,
poi vi si inoltra e porta via la sua preda in mezzo
al mare. La fanciulla, piena di timore, si volge indietro a guardare il lido
che hanno abbandonato, mentre con una mano si aggrappa a un corno e con l'altra si
appoggia alla schiena del toro. Le vesti le ondeggiano intorno nel fremito del vento.
E già il dio, deposta ormai l'ingannevole sembianza di toro,
si era manifestato ed era approdato a Creta, fermandosi nella campagna Dittea..."
Citazione tratta da " I Fasti" di Ovidio - V vv. 603/620
Il giorno prima delle Idi segna il tempo in cui il Toro
solleva la sua fronte stellata: la leggenda di tale costellazione è ben nota.
Giove, mutato in toro, offrì il suo dorso alla fanciulla di Tiro
e innalzò le corna sulla fronte anch'essa fallace: lei
con la destra stringeva il setoloso collo, con la sinistra la propria veste,
e il timore stesso causava nuova bellezza;
l'aria le riempie la veste e le agita i biondi capelli:
così, o Sidonia, dovevi ancor più piacere a Giove.
Spesso ella ritrasse dai flutti i piedi di fanciulla,
e temette il contatto dell'acqua che fluttuando la bagnava:
spesso l'astuto iddio immerse il dorso nelle onde,
perché lei si stringesse ancora più forte al suo collo.
Toccato il lido, Giove ristette ormai privo di corna,
e da toro adesso si era mutato in dio.
Il Toro è accolto in cielo; te, o Simonia, Giove possiede,
e una terza parte del mondo è da te denominata.
Altri dissero tale costellazione la Giovenca di Faro,
che da essere umano divenne vacca, e da vacca, dea.
Citazione tratta da "L'arte d'amare"di Ovidio - I vv. 289/326
Lungo le valli ombrose ed i pendii
dolci dell'Ida, v'era un bianco toro,
la gloria dell'armento, appena tocco
da un tenue ciuffo nero tra le corna;
una sola la macchia, ogni altra parte
candida tutta. Avrebbero voluto
le giovenche di Cnosso e di Cidone
sentirlo ardente sopra il loro dorso.
Per lui d'amore adultero riarse
Pasifae allora, ed invidiosa odiava
le giovenche formose. Ciò che canto
è noto a tutti né lo può negare,
benché bugiarda, Creta, che sostiene
cento città. Raccontano che al toro
recasse ella medesima tremante
foglie novelle e teneri virgulti;
ecco, ella va compagna dell'armento
né la trattiene l'onta del marito:
ecco, da un toro è vinto il re Minosse.
Perché t'adorni, Pasife, di vesti
Tanto preziose? Il tuo amato ignora
questi gioielli. Che ti val specchiarti
quando l'armento cerchi lungo i monti?
Perché ti lisci, folle, tante volte
i bei capelli già ravviati tanto?
Credi almeno allo specchio: esso ti dice
che giovenca non sei. Come vorresti
che in fronte ti spuntassero le corna!
Non cercare adulterio, se Minosse
ti piace ancora; o se lo vuoi tradire,
offriti a un uomo! Ella per selve e boschi
è trascinata folle e delirante
lontana dal suo letto maritale:
come Baccante corre infuriata
dal dio aonio. Ah, quante volte allora
guardando una giovenca alzò lamento:
«Perché piace costei al mio signore?
Guarda come davanti a lui sull'erba
gioca felice! Crede forse, stolta,
d'apparirgli più bella?». E alle volte ingiusta
che quella fosse trascinata via,
lontano dall'armento, e sotto il giogo
la fece porre senza colpa alcuna,
o volle che cadesse sull'altare
per falso sacrificio: e nelle mani
strinse felice i visceri immolati
della rivale. E di rivali quante
ne trascinò agli altari degli dèi
per trovare la pace, e quante volte,
quei visceri stringendo, urlò: «Andate,
piacete a lui ch'io amo!». Ora chiedeva
d'essere Europa, o almeno essere Io,
questa perché giovenca, e perché l'altra
fu rapita dal toro. Finalmente,
tratto in inganno dalla lignea vacca,
il toro la coprì, e fu dal parto ben noto il padre.
Citazione tratta da "Odissea" di Omero - XI vv. 710 e segg., trad. I. Pindemonte
Minosse io vidi, del Saturnio chiaro
figliuol, che assiso in trono, e un aureo scettro
stringendo in man, tenea ragione all'ombre,
che tutte, qual seduta, e quale in piedi,
conto di sé rendergli entro l'oscura
di Pluto casa dalle larghe porte.
Citazione tratta da "I Fenomeni ed i Pronostici" di Arato - vv. 107/110
.Presso i piedi
potrai cercare poi il cornuto Toro,
prostrato. Assai gli stanno acconci i segni,
talmente si distingue la sua testa:
nessun saprebbe con diverso segno
rappresentare una testa di bue
come la raffigurano i suoi astri
stessi, girando da ambedue le parti.
Il loro nome viene pronunciato
assai, né parimenti sono ignote
le Iadi. Queste invero sono sparse
su tutta quanta la fronte del Toro.
L'estremità del suo corno sinistro
e il piede destro del vicino Auriga
li ricopre un sol astro: essi si muovono
per un comune impulso. Però il Toro
quando scende di là dall'orizzonte
ha sempre un suo vantaggio sull'Auriga,
pure se è sorto in compagnia di lui.
Citazione tratta da "Il poema degli astri" (Astronomica) di Manilio - II vv. 489/491
era ben lui che innanzi
aveva sul dorso trasportato Europa, la sinistra stretta alle sue corna,
quando fu scelto involucro da Giove.
Citazione tratta da "Biblioteca" di Apollodoro - III, 1, 1-2-3
Agenore invece andò in Fenicia, sposò Telefassa, ebbe una figlia femmina, Europa, e tre maschi, Cadmo, Fenice e Cilice. Alcuni dicono che Europa non fosse figlia di Agenore, ma di Fenice. Zeus si innamorò di lei, si trasformò in toro, fece montare la fanciulla sulla sua groppa e la portò a sul mare fino a Creta, dove si unirono in amore. Europa partorì Minosse, Sarpedone e Radamanto; ma Omero afferma che Sarpedone nacque da Zeus e Laodamia, figlia di Bellerofonte.
Minosse restò a Creta, dettò le leggi per iscritto, e sposò Pasifae, la figlia del Sole e di Perseide. Asclepiade invece sostiene che sua sposa fu Crete, figlia di Asterio. E gli nacquero quattro figli maschi - Catreo, Deucalione, Glauco e Androgeno - e quattro femmine - Acalle, Senodice, Arianna e Fedra.
Frattanto Asterio era morto senza lasciare discendenti; Minosse si propose come re, ma il trono gli veniva negato. Egli sosteneva che gli dèi stessi gli avevano affidato il regno, e per provarlo dichiarò che avrebbe avuto da loro tutto ciò di cui li avesse pregati. Cos', fece un rito sacro a Posidone, e pregò che dalle onde del mare apparisse un toro, promettendo che l'avrebbe subito offerto in sacrificio. Ed ecco che Posidone gli invia un bellissimo toro: Minosse ebbe il regno, ma tenne quel toro fra le sue mandrie, sacrificandone un altro. Ottenuto il dominio sul mare, Minosse si impadronì ben presto di quasi tutte le isole. Posidone, infuriato perché Minosse non gli aveva sacrificato il toro, lo rese selvaggio, e fece in modo che Pasifae si accendesse di desiderio per questo toro. La donna dunque, innamorata del toro, trovò un alleato in Dedalo, l'architetto, che era stato bandito da Atene per un omicidio. Egli costruì una vacca di legno montata su ruote, con l'interno cavo e ricoperta da una pelle bovina; la collocò nel prato dove il toro era solito pascolare, e Pasifae vi entrò dentro. Quando il toro le si avvicinò, la montò, come fosse una mucca vera. Così la donna partorì Asterio, chiamato Minotauro: e aveva la testa di un toro e il corpo di un uomo. Minosse, seguendo l'indicazione di alcuni oracoli, lo tenne chiuso nel labirinto, una costruzione progettata da Dedalo, che con i suoi meandri aggrovigliati impediva di trovare l'uscita.
Citazione tratta da "Biblioteca" di Apollodoro - III, 15, 8
La guerra ormai si protraeva, e Minosse non riusciva a prendere Atene. Allora pregò Zeus di dargli vendetta sugli Ateniesi. E la città fu devastata dalla carestia e da una pestilenza. Per prima cosa gli Ateniesi, in ossequio a un antico oracolo, sgozzarono sulla tomba del ciclope Geresto le figlie di Giacinto Anteide, Egleide, Litea e Ortea (il padre, Giacinto, era venuto da Sparta, e si era stabilito in Atene). Ma non servì a niente; allora chiesero un altro oracolo per sapere come liberarsi dalla calamità. E il dio rispose che dovevano pagare il loro debito a Minosse, nella forma che questi avesse imposto. Allora inviarono dei messaggeri a Minosse per chiedergli cosa volesse per ritenersi vendicato. E il re ordinò di mandare sette fanciulli e sette fanciulle, senza armi, in pasto al Minotauro. Il Minotauro era rinchiuso in un labirinto, dove, per chiunque entrasse era impossibile uscire: tanti erano gli intricati meandri che chiudevano la via d'uscita, rendendola introvabile. L'aveva progettato Dedalo, figlio di Eupalamo (a sua volta figlio di Metione) e Alcippe. Dedalo era un grandissimo architetto, e fu lui il primo a inventare l'arte figurata. Era stato bandito da Atene per aver buttato giù dall'acropoli di Talo, il figlio di sua sorella Perdice. Talo era suo allievo, ma Dedalo temeva che il suo innato talento superasse quello del maestro: il ragazzo, infatti, un giorno aveva trovato una mascella di serpente, e aveva capito che con quella si poteva tagliare il legno, inventando così la sega. Il cadavere di Talo fu scoperto; Dedalo fu processato nell'Areopago, venne condannato e fuggì alla corte di Minosse. Qui, frattanto, Pasifae si era innamorata del toro di Posidone; Dedalo le offrì complicità e costruì la vacca di legno. Poi progetto il labirinto, proprio quello dove gli Ateniesi ogni anno dovevano inviare sette fanciulli e sette fanciulle in pasto al Minotauro.
Citazione tratta da "Bucoliche" di Virgilio - VI ecloga vv. 45/60
e compiange Pasifae per l'amore del candido giovenco,
fortunata se giammai fossero esistiti gli armenti:
"Ah sventurata fanciulla, quale follia ti prese?
Le Pretidi riempirono i campi di falsi muggiti e tuttavia
nessuna praticò così turpi accoppiamenti bestiali,
sebbene avesse temuto per il collo il giogo dell'aratro
e spesso avesse cercato le corna sulla liscia fronte.
Ah sventurata fanciulla, tu erri pei monti,
e quello adagiato il niveo fianco sul molle giacinto
sotto una bruna elce rumina le pallide erbe
o segue una giovenca nel grande gregge. Chiudete, o Ninfe,
o Ninfe dittèe, chiudete ormai i valichi delle montagne,
se per caso si offrano in qualche luogo ai vostri archi
le orme errabonde del toro; forse attirato dall'erba
verde, o seguendo l'armento si lascerà condurre
attratto da qualche giovenca alle stalle di Gortina".
Citazione tratta da "Eneide" di Virgilio - VI vv. 35/40, trad. A. Caro
... eravi Creta
da l'altro lato, alto dal mar levata,
ch'avea del tauro istorïata intorno
e di Pasifae il bestïale amore,
e la bestia di lor nata biforme,
di sì nefando ardor memoria infame.
Citazione tratta da "Eneide" di Virgilio - VI vv. 638 e segg., trad. A. Caro
Sta Minos ne l'entrata, e l'urna avanti
Tien de' lor nomi, e lor vite esamina,
e le lor colpe; e quale è questa o quella,
tal le dà sito, e le raùna a parte.
Citazione tratta da "Tebaide" di Stazio - IV vv. 779 e segg., trad. C. Bentivoglio
Il cretese Minosse indi le pone
nella terribile urna, e con minacce
n'esprime il vero, e li costringe e sforza
a palesar fin da' più teneri anni
l'opre buone o nefande, e qual si reggia
ai loro merti o al fallir pena o mercede.
Citazione tratta da "Miti" di Igino - 178
Europa, figlia di Argiope e di Agenore, era nativa di Sidone. Giove, mutatosi in toro, la trasportò da Sidone a Creta e generò da lei Minosse, Sarpedone e Radamanto. Suo padre Agenore mandò i suoi figli a riprendere la sorella; e ordinò loro, se non ci fossero riusciti, di non comparirgli mai più davanti. Fenice partì per l'Africa e là rimase; per questo i Cartaginesi sono detti Fenici. Cilice diede nome alla Cilicia. Cadmo, nelle sue peregrinazioni, giunse a Delfi, dove l'oracolo gli raccomandò di comprare dai pastori un bue che avesse un segno a forma di mezzaluna sul fianco e di farsi precedere dall'animale: era destino che avrebbe fondato una città, di cui sarebbe diventato re, nel luogo dove il bue si sarebbe fermato a riposare. Dopo aver udito il responso, Cadmo fece come l'oracolo gli aveva consigliato; mentre cercava acqua, giunse alla fonte Castalia, che era custodita da un drago, figlio di Marte. Il drago uccise i compagni di Cadmo, ma Cadmo uccise lui con una pietra; poi, seguendo le istruzioni di Minerva, ne seminò i denti e arò la terra che li ricopriva. Ne nacquero gli Sparti, che subito si misero a combattere tra loro, finchè ne sopravvissero cinque: Ctonio, Udeo, Iperenore, Peloro ed Elchione. Inoltre, quella regione fu chiamata Beozia, dal bue che Cadmo aveva seguito.
Citazione tratta da "Miti" di Igino - 40/41
Pasifae, figlia del Sole e moglie di Minosse, per molti anni non fece sacrifici alla dea Venere; per questo motivo, Venere le ispirò un amore mostruoso, sicchè cominciò ad amare in modo anormale un toro che le era caro. Quando Dedalo arrivò esule a Creta, le chiese aiuto e in cambio fece per lei una vacca di legno e la rivestì della pelle di una vacca vera, sicchè, entrandovi, Pasifae potè giacere col toro. Da questo amplesso partorì il Minotauro, che aveva la testa di un toro e la parte inferiore umana. Dedalo costruì per il Minotauro un labirinto dall'uscita introvabile, in cui venne rinchiuso il mostro. Minosse, venuto a conoscenza di tutta la faccenda, gettò Dedalo in prigione, ma Pasifae lo liberò dalle sue catene; allora Dedalo fabbricò delle ali, le adattò a sé e a suo figlio Icaro e i due fuggirono da Creta volando. Ma poiché Icaro volle salire troppo in alto, il sole sciolse la cera e il ragazzo precipitò nel mare, che da lui fu chiamato Icario. Dedalo arrivò in volo presso il re Cocalo, nell'isola di Sicilia. Altri dicono che, quando Teseo uccise il Minotauro, riportò Dedalo ad Atene, la sua patria.
Minosse, figlio di Giove e di Europa, combattè contro gli Ateniesi e suo figlio Androgeo venne ucciso in battaglia. Dopo che Minosse ebbe sconfitto gli Ateniesi, questi divennero suoi tributari; egli stabilì inoltre che ogni anno gli mandassero sette dei loro figli, da dare in pasto al Minotauro. Quando Teseo, arrivato da Trezene, udì da quale terribile disgrazia fosse stata colpita la città, promise di andare a battersi con il Minotauro. Il padre, alla partenza, gli raccomandò di far issare vele bianche sulla nave, nel caso tornasse vincitore; invece coloro che venivano mandati dal Minotauro navigavano con vele nere.
Citazione tratta da "Miti" di Igino - 38
(Teseo) Uccise.
.nonché il Minotauro nella città di Cnosso.
Citazione tratta da "Inferno" di Dante Alighieri - V vv. 4/15
Stavvi Minòs, orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l'intrata;
giudica e manda, secondo ch'avvinghia.
Dico che, quando l'anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa:
e quel conoscitor de le peccata
vede qual loco d'inferno è da essa;
cignesi con la coda tante volte,
quantunque gradi vuol che giù sia messa.
Sempre dinanzi a lui ne stanno molte:
vanno a vicenda ciascuna al giudizio,
dicono e odono e poi son giù volte.
Citazione tratta da "Inferno" di Dante Alighieri - XII vv. 11/25
.e 'n su la punta de la rotta lacca
l'infamia di Creti era distesa
che fu concetta ne la falsa vacca:
e quando vide noi, sé stesso morse,
sì come quei cui l'ira dentro fiacca.
Lo savio mio inver' lui gridò: «Forse
tu credi che qui sia 'l duca d'Atene,
che sù nel mondo la morte ti porse?
Pàrtiti, bestia, ché questi non vene
ammaestrato da la tua sorella,
ma vassi per veder le vostre pene».
Qual è quel toro che si slaccia in quella
c'ha ricevuto già 'l colpo mortale,
che gir non sa, ma qua e là saltella;
vid'io lo Minotauro far cotale;
Citazione tratta da "Le Rime" di Francesco Petrarca - IX
Quando 'l pianeta che distingue l'ore
ad albergar col Tauro si ritorna
cade vertù da l'infiammate corna
che veste il mondo di novel colore;
e non pur quel che s'apre a noi di fore,
le rive e i colli di fioretti adorna,
ma dentro, dove mai non s'aggiorna,
gravido fa di sé il terreno umore
onde tal frutto e simile si colga.
Citazione tratta da " Le Stanze" di A. Poliziano - I vv. 105/106
Nell'altra, in un fomraso a bianco tauro
si vede Giove per amor converso
portarne il dolce suo ricco tesauro,
e lei volgere il viso al lito perso
in atto spaventosa: e i be' crin d'auro
scherzan nel petto per lo vento avverso:
la veste ondeggia, e in drieto fa ritorno;
l'una man tien al dorso, e l'altra al corno.
Le ignude piante a sé ristrette accoglie
quasi temendo il mar che lei non bagne:
tale atteggiata di paura e doglie
par chiami in van le sue dolci compagne
le qual rimase tra fioretti e foglie
dolenti Europa ciascheduna piagne.
«Europa, sona il lito, Europa, riedi»
e 'l tor nota e talor gli bacia i piedi.
Citazione tratta da "Canzoniere" «Non t'accostar Europa» di M. Bandello
Non t'accostar Europa al vago Bue,
che va scherzando in questo verde piano,
non ti fidar, che tanto paia umano,
che più superbo visto mai non fue.
Trasformato s'è Giove, e l'arti sue
adopra per rapirti umile e piano:
or scherza, or salta, or fugge ed or la mano
ti bacia, ed or sospeso sta tra due.
Sciocca che fai? Dove vuoi porre il piede?
Ahi scendi, Europa, scendi torna torna,
che lascivo si volge all'ampio mare.
Ella stringendo le novelle corna
il mar turbato d'ogn'intorno vede,
né più quel lito a' suoi begli occhi appare.
Citazione tratta da "Prosperina" di G. B. Marino - vv. 1136/1139
Più l'urna di Minosse
le sorti irretrattabili non volge,
del popolo flagellato
ogni gemito tace.