Iadi

 

Citazione tratta da "Le Metamorfosi" di Ovidio - III vv. 256/315

"Solo la consorte di Giove non si prese la briga di esprimere critiche o approvazioni,

ma piuttosto gongolavaa per la sciagura che aveva colpito la stirpe

di Agenore, trasferendo sui discendenti l'avversione che aveva concepito

per la donna di Tiro, in seguito all'adulterio con Giove. Ed ecco che all'antico motivo

di odio uno recente se ne aggiunse: Giunone venne a sapere con indignazione che Semele

era stata ingravidata da Giove. Allora cominciò a urlare, cercando il litigio. E intanto diceva:

«Che cosa ho mai ottenuto tutte le volte che ho alzato la voce?

Devo vedermela io con lei. Io devo distruggerla, se l'appellativo

di Giunone "la grande" mi spetta a buon diritto, se mi compete di reggere con la destra

lo scettro splendente, se sono regina, sorella e moglie

di Giove. Almeno sorella, certamente. Avevo pensato che costei si contentasse

di un'avventura e che l'oltraggio al mio letto fosse di breve durata.

E invece è incinta! Ci mancava solo questo! Ella porta la sua colpa

la colpa in evidenza nel ventre gravido e pretendente che sia stato proprio Giove,

e non altri, a farla diventare madre, cosa che a meè riuscita a stento!

Tanta è la presunzione che deriva dalla sua bellezza!

Ma farò in modo che questa diventi la sua rovina: non sono la figlia di Saturno

se non otterrò che sia proprio il suo Giove a farla precipitare nelle onde dello Stige!».

Dopo questo sfogo, si alzò dal trono e, nascosta in una nuvola rossastra,

si avviò alla casa di Semele. Non si liberò della protezione della nube prima

di aver assunto le sembianze di una vecchia con i capelli bianchi sulle tempie,

la pelle solcata da rughe, il corpo curvo e il passo strascicato;

anche la sua voce contraffatta era quella di una vecchia.

Di colpo fu tale e quale Beroe di Epidauro, la nutrice di Semele.

Andò in cerca di lei, con cui intavolò una conversazione che si protrasse finchè

Vennero a parlare di Giove. Allora, sospirando, la falsa nutrice insinuò: «Speriamo

che si tratti proprio di Giove! Ma io sospetto di tutto. Molti vi sono che si finsero

dèi, per approfittare di fanciulle caste.

E del resto esser Giove non basta. Chiedigli un pegno d'amore,

se di vero amore si tratta, e pregalo che venga al tuo amplesso, con

la maestà e la potenza con cui si fa accogliere dalla grande Giunone: si

qualifichi come Giove e ne assuma le insegne!». Così Giunone

ammaestrava l'ignara figlia di Cadmo, finchè la convinse. Questa,

alla prima occasione, chiese a Giove un dono, senza specificare quale intendesse.

Ed egli pronto: «Non hai che da chiedere non subirai un rifiuto.

E perché tu sia più sicura, chiamo a testimonio della mia promessa la divinità

del fiume Stige! È un dio che incute timore anche agli dèi».

Felice per l'eccessivo successo, che sarebbe stato invece la sua disgrazia

e per la condiscendenza del suo amante, per la quale avrebbe dovuto morire,

Semele espresse la sua richiesta: «Concediti a me con tutta la maestà che

riservi agli abbracci di Giunone, nei vostri convegni d'amore».

Il dio avrebbe voluto troncarle le parole in bocca,

ma queste già erano state formulate ed erano fuggite via veloci nell'aria.

Egli gemette e si disperò ma non poteva cancellare il desiderio espresso da lei nè

il proprio giuramento. In preda a un'immensa tristezza salì nell'alto

dei cieli; con un cenno adunò le nubi ubbidienti cui aggiunse

nembi, folgori, venti,tuoni e il fulmine che mai non fallisce.

Tuttavia, fin dove gli era possibile, tentò di sminuire la propria forza

e non si armò di quel fuoco con cui aveva atterrato il centimane Tifone:

sarebbe stato troppo pernicioso.

Ne aveva un altro, che i Ciclopi avevano forgiato con

una fiamma meno crudele, dotato di minor furia:

fra gli dèi era noto come arma secondaria. Giove prese questo e

si recò alla casa di Agenore. Ma il corpo mortale non sostenne

l'assalto divino e bruciò in virtù del dono nuziale.

Il piccolo essere non ancora compiuto, che stava nel ventre

della madre, le venne tolto e cucito, tenero com'era,

nella coscia del padre, ove portò a termine il tempo della gestazione.

Non è cosa facile a credersi. Durante la sua prima infanzia Ino, sua zia,

lo allevò di nascosto; poi venne consegnato alle ninfe Niseidi

che lo nascosero nelle loro grotte e lo nutrirono di latte."

 

 

Citazione tratta da "I Fasti" di Ovidio - V vv. 165/182

" La fronte raggiante del Toro risplende di sette stelle,

che il greco navigante dalla pioggia denomina Iadi;

alcuni ritengono che abbiano nutrito Bacco, altri

le cedettero nipoti del vecchio Oceano e di Teti.

Atlante non aveva ancora le spalle gravate dal peso dell'Olimpo

Quando nacque da lui Iante mirabile per la bellezza:

Etra, stirpe di Oceano, con maturo parto generò

lui e le ninfe, ma Iante prima delle Iadi.

Quand'egli aveva sulle gote la prima lanugine, atterriva

i pavidi cervi, ed era gradita preda la lepre.

Ma dopo che crebbe con gli anni il suo coraggio, osò

lottare da presso coi cinghiali e con le irsute leonesse;

e mentre cercava nella tana i cuccioli d'una leonessa

diventò egli stesso preda cruenta della libica belva.

Pianse Iante la madre, e Iante piansero le meste

sorelle, e Atlante che doveva sottoporre il crollo al cielo.

Ma entrambi i genitori vinse il dolore delle sorelle;

il dolore diede loro il cielo, Iante il nome."

 

 

Citazione tratta da "Biblioteca" di Apollodoro - III, 4, 2

Zeus si innamorò di Semele, e si unì in amore con lei, di nascosto da Era. Zeus offrì alla fanciulla di chiedergli tutto ciò che voleva; e Semele, seguendo un consiglio ingannatore di Era, gli chiese di andare da lei proprio nello stesso aspetto di quando si avvicinava in amore a Era. Zeus non poteva rifiutare: si accostò al letto di Semele sul suo carro, tra folgori e saette, e scagliò il suo fulmine. Semele morì per il terrore, e Zeus tirò fuori dal fuoco il bambino di sette mesi che la fanciulla portava in seno, ancora immaturo, e se lo cucì in una coscia. Morta Semele, le altre figlie di Cadmo misero in giro la voce che la sorella si era unita a un uomo qualsiasi, e che Zeus, tirato falsamente in causa, l'aveva fulminata per la sua menzogna. Trascorso il tempo debito, Zeus si scucì la coscia, partorì Dioniso e lo affidò a Ermes. E questi lo portò a Ino e Atamante, e li convinse ad allevarlo come se fosse stata una bambina. Ma la dea Era, sdegnata, li colpì con la follia. Atamante diede la caccia al suo figlio maggiore, Learco, scambiandolo per un cervo, e lo uccise; Ino gettò Melicerte in un pentolone d'acqua bollente e poi, stringendo il cadavere del figlio, si gettò nel profondo del mare. Da allora venne chiamata Leucotea, e il bambino Palemone: questi nomi glieli hanno dati i naviganti, che essi soccorrono nelle tempeste. In onore di Melicerte, Sisifo istituì anche i Giochi Istmici. Zeus, per nascondere Dioniso alla rabbia di Era, lo trasformò in capretto, ed Ermes lo portò alle ninfe che abitavano a Nisa, in Asia: più tardi Zeus le trasformò in stelle, e le chiamò Iadi.

 

 

Citazione tratta da "Miti" di Igino - 182

Le figlie di Oceano Idotea, .

.Le ninfe che sono chiamate Dodonidi (altre le chiamano Naiadi) [.] i cui nomi sono Cisseide, Nisa, Erato, Erifia, Bromie, Polimno. Sul monte Nisa ottennero un dono dal loro alunno, che lo chiese a Medea, cosicché esse, deposta la vecchiezza, ritornarono giovani e in seguito furono trasportate fra le stelle, dove vengono chiamate Iadi. Altri riferiscono che i loro nomi sono Arsinoe, Ambrosia, Bromie, Cisseide, Coronide.

 

 

Citazione tratta da "Miti" di Igino - 192

Atlante ebbe da Pleione (oppure Oceanitide) dodici figlie e il figlio Iante, che fu ucciso da un cinghiale oppure da un leone. Le sorelle lo piansero fino a consumarsi per il dolore. Tra loro, le prime cinque furono trasferite fra le stelle; esse ora stanno in mezzo alle corna del Toro e si chiamano Fesile, Ambrosia, Coronide, Eudora, Polisso, e dal nome del fratello sono dette Iadi e, in latino, Sucule. Alcuni dicono che vengono chiamate Iadi perché sono collocate a formare una lettera Y; altri fanno derivare il nome dal greco ? e??, «piovere», dato che il loro sorgere porta con sé le piogge. C'è chi pensa che esse furono trasferite in cielo perché erano state nutrici del padre Libero, e Licurgo le aveva cacciate via dall'isola di Nasso. Le altre sorelle, dopo essersi consunte nel dolore, divennero stelle, e poiché erano numerose furono dette Pleiadi. Altri pensano che il nome derivi dal fatto che erano vicine tra loro ( cosa che in greco si dice p??s???). Sono così vicine tra loro che è difficile contarle, e a occhio nudo non si può distinguere con certezza se siano sei oppure sette. I loro nomi sono: Elettra, Alcione, Celeno, Merope, Sterope, Taigete e Maia. Dicono che Elettra si rifiuti alla vista a causa della morte di Dardano e della distruzione di Troia. Altri dicono che Merope brilla di una luce rossa perché ha sposato un mortale, mentre le sorelle ebbero sposi divini: perciò, espulsa dal coro delle sorelle, triste si discioglie le chiome, e viene detta cometa oppure longode, perché si estende in lunghezza, oppure anche «affilata», perché mostra la lama di una spada. Questa stella esibisce il suo lutto.

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