Il segno del Sagittario
Sagittario
(Sagittarius)
Figura 65 - Sezione della carta del cielo con la costellazione trattata
Figura 66 - Raffigurazione grafica della costellazione trattata
La costellazione nota ai Latini col nome di “Arcitenens”, contiene 7 stelle comprese tra la seconda e la terza magnitudine; inoltre, è ritenuta di grande interesse perché include anche tre famose nebulose: Omega , Laguna e Trifida .
Il Sagittario è situato per la maggior parte della sua estensione nell'emisfero australe. La stella più brillante è Kaus Australis , e Sagittarii (m. 1,9), posta alla distanza di 85 anni luce dalla Terra; di colore bianco-azzurro e il suo nome significa “parte meridionale dell'arco”.
I mitologi sono discordanti nell'attribuire un'identità a questa costellazione.
Alcuni sostengono che sia il Centauro Chirone , ma nei classici greci troviamo concordanza di opinione nel giudicare che questa costellazione glorifichi la memoria di Croto, figlio di Pan e di Eufemie, nutrice delle Muse, delle quali era considerato il fratello di latte. Trascorreva i suoi giorni sul monte Elicona, andando a cavallo, cacciando e godendo della compagnia delle giovani muse compiacendosi delle loro incantevoli doti canore. Il giovane restava così ammaliato nell'udire il loro canto che, per esprimere la sua approvazione, batteva con forza i palmi delle mani fra loro, inventando, così, gli applausi . Proprio per questo motivo le muse ottennero da Zeus che la sua figura fosse ricordata nei secoli.
Zeus lo pose in cielo dandogli il corpo di un cavallo, per evidenziare la sua destrezza nell'arte venatoria a cavallo; e lo raffigurò, quindi, nell'atto di scoccare una freccia per glorificare la sua abilità nella caccia.
Ovidio sostiene, invece, che questa costellazione rappresenta il centauro Chirone che fu maestro d'Achille. Morì durante una battaglia in seguito ad una ferita provocatagli accidentalmente da Ercole, con una freccia avvelenata intinta nel sangue dell'Idra di Lerna.
La leggenda fa riferimento al rapporto dei Greci con i cavalli, al modo di cavalcarli a pelo nudo ed all'abilità di tirare con l'arco durante il galoppo. Si noti che nell'epoca arcaica nonché in quella classica le staffe non esistevano, giacché furono inventate nel 900 d.C. dagli Ungheresi, sicché era particolarmente difficile riuscire a scoccare le frecce dall'arco cavalcando.
Note
Eratostene, Catasterismi, XXVIII. Igino, Astronomia, II, 27.