Auriga e Lince: costellazioni antiche e recenti

Auriga e Lince

(Auriga et Linx)

Figura 1 5 - Sezione della carta del cielo con le costellazioni trattate

 

Figura 1 6 - Rappresentazione grafica delle costellazioni trattate

 

L' Auriga è una costellazione che comprende due stelle molto luminose: Capella, a Aurigae (m. 0,1) posta alla distanza di 42 anni luce dalla Terra, che vuol dire in latino “capretta” (nome derivato dal mito attinente), che stinge sul giallo, e Menkalinan, b Aurigae (m. 1,9) che si trova a 78 anni luce, una stella bianca.

 

Sono diverse le versioni mitologiche legate a questa costellazione.

La più antica si riferisce al significato latino di “cocchiere” ed all'importante invenzione del carro trainato dai cavalli.

L'uso del cavallo nei lavori agricoli e nel trasporto aveva in gran parte agevolato il lavoro e la vita dei Greci in generale. Dopo averlo addomesticato per l'utilizzo nei campi, l'animale fu ferrato ed adoperato anche come mezzo di trasporto; ma, certamente, un profitto maggiore si ebbe, quando l'uomo riuscì a addestrarlo per trainare il carro, e successivamente a costruire carri ai quali erano aggiogati più di un cavallo..

Non è un caso che tutta l'equitazione sia legata ad Efesto e ad Atena. Il primo, dio del fuoco e della lavorazione dei metalli, simbolizza l'arte del maniscalco ovvero la ferratura degli zoccoli dei cavalli per proteggere le unghie dell'animale e permettergli sforzi su terreni duri. La seconda, dea dell'intelligenza laboriosa, indica l'importanza concettuale che i Greci attribuiscono alle arti equestri.

Infatti il mito principale dell'Auriga si riferisce proprio alla costruzione del carro trainato da quattro cavalli ed è legata ad Erittonio, il bambino “nato senza madre”, come scrive Ovidio.

Il padre, invece, è sicuramente Efesto 63 e la leggenda vuole che dopo aver introdotto l'arte della metallurgia sulla Terra, chiese in premio a Zeus di poter possedere Atena, della quale era invaghito; ma che ostinatamente rifiutava le sue attenzioni.

Un giorno, mentre egli per l'ennesima volta, eccitato, tentava di farla sua; parte del liquido seminale del dio sporcò la coscia d'Atena.

La dea, nauseata, si asciugò con della lana che poi gettò via. Questo batuffolo, al contatto con la Terra diede vita ad un bambino, Erittonio 64 appunto; il quale, non essendo stato concepito in un utero umano non possedeva le gambe ma una coda da serpente.

Col tempo il giovane, crescendo, si sforzò di trovare un mezzo di trasporto tale da permettergli di muoversi liberamente. E proprio in occasione dei giochi Panatenèi 65, Erittonio, smanioso di prendervi parte, progettò e costruì un carro che risolse il suo problema e gli permise di vincere. Tale fu il beneficio che la sua invenzione procurò ai Greci che Zeus lo premiò trasportandolo nel cielo.

 

Esiste una variante del mito, raccontata da Eratostene, oltre che da Igino e da altri, e successivamente ripresa da Virgilio nelle Georgiche, che racconta la storia di Mirtilo, il cocchiere d'Enomao 66, re di Pisa.

Si narra che la figlia del sovrano, Ippodamia, giovane di una straordinaria bellezza, aveva numerosi pretendenti alla sua mano; il padre, però, teneva lontani con ogni mezzo questi corteggiatori. Infatti, nella versione d'Igino si sostiene che un oracolo aveva predetto la morte del re per mano di un futuro genero. Val la pena notare, per completezza, che altre narrazioni, come quelle di Apollodoro 67 e Pindaro 68, fanno ruotare la vicenda attorno all'amore incestuoso di Enomao per Ippodamia.

Il re pensò, allora, di porre la mano della figlia come premio d'una corsa col carro: ogni candidato doveva far salire la giovane sul proprio calesse e cimentarsi in una gara di velocità contro Enomao stesso il quale, possedendo cavalli celerissimi, riportava facilmente la vittoria.

Accadde un giorno che, mentre Enomao si apprestava a competere contro un giovane corteggiatore di nome Pelope 69, Ippodamia fu presa da un irresistibile amore a prima vista per il giovane.

Escogitò, allora, uno stratagemma: corruppe Mirtilo, cocchiere del re, anch'egli innamorato di lei. Persuase l'ingenuo a sostituire i perni alle ruote del carro del padre con altri di cera; che non tardarono a cedere durante la corsa, provocando al re un incidente fatale e permettendo, così, la vittoria del suo amato.

Per altro, anche sulla morte di Mirtilo i mitografi hanno pareri discordanti: alcuni sostengono che fu ucciso da Pelope per aver approfittato d'Ippodamia; altri riportano che fu lei stessa a cercare la compagnia di Mirtilo e, vedendosi rifiutata, lo calunniò presso Pelope che gli fece pagare con la morte l'affronto subito.

Dopo la sua morte fu collocato in cielo come costellazione dell'Auriga; che dal “cocchiere” prende nome.

 

Una versione del tutto differente riguarda quello che possiamo chiamare un asterisma dell'Auriga i.e. la stella più luminosa della costellazione che porta il nome di “Capella” e le tre stelle meno brillanti a lei vicine; le quali rappresentano, in mitologia, la capra Amaltea ed i suoi capretti.

L'animale ebbe il merito di allattare Giove con il proprio latte; quando, ancora in fasce, fu nascosto dalla madre Rea sul monte Ditte per sottrarlo alla voracità di Crono, suo padre come già precedentemente riportato nella trattazione delle Orse 70.

Il dio, cresciuto e divenuto re degli dèi, in segno di riconoscimento la pose in cielo per ricordare la sua prima nutrice.

Altri mitografi, come Apollodoro e Igino, sostengono che Amaltea era il nome della ninfa che allevò il dio e lo nutrì con latte di capra. Come ringraziamento per le cure ricevute, Zeus staccò un corno all'animale e lo donò alla ninfa, disponendo che potesse usarlo per riempirlo d'ogni cosa oggetto di un suo desiderio. 71

 

Quella della Lince è una sinuosa costellazione, compresa tra l'Orsa Maggiore e l'Auriga, formata da circa dieci stelle; la introdusse, tra le costellazioni, Hevelius nel XVII secolo, per non lasciare vuota un'ampia zona celeste.

Il suo nome non è casuale: l'astronomo tedesco lo scelse per affermare che occorre una vista notevolmente acuta, come quella di una lince appunto, per individuare ad occhio nudo le stelle che la compongono.

Hevelius fa riferimento al mito di Linceo, figlio d'Afareo 72 e cugino dei Dioscuri, Castore e Polluce 73.

Questo giovane partecipò alla spedizione degli Argonauti, durante la quale, in più di un'occasione si avvalse dalla sua vista acuta per trarre i compagni dalle difficoltà.

Tale dono gli valse la reputazione di avere uno sguardo tanto penetrante da poter vedere attraverso un'asse di quercia e fin dentro la terra.

Ovidio riporta l'episodio 74 in cui Linceo e suo fratello Ida, in procinto di sposare Febe e Arsinoe 75; non riuscirono nel loro intento perché le due giovani vennero rapite dai Dioscuri.

I Gemelli, infatti, conosciute le future spose, se ne innamorarono e desiderarono possederle subito. Questo loro desiderio provocò una feroce rissa in cui Linceo riuscì ad uccidere Castore, ma fu trafitto a morte da Polluce; a quel punto Ida si accingeva ad uccidere l'altro gemello, quando Zeus pose fine allo scontro salvando tanto suo figlio 76 quanto Castore che, giova ricordarlo era figlio di Tindaro 77; e li pose entrambi tra le stelle dello Zodiaco.

 

Note

63 Vulcano.

64 Questo nome vuol dire “nato dalla terra e dalla lana”.

65 In onore di Atena.

66 Figlio di Marte e Asterope.

67 Biblioteca, Epitome, 2.

68 Olimpiche 1,36 ss.

69 Figlio di Tantalo e di Dione, figlia di Atlante.

70 Vedi Costellazione delle Orse.

71 Pare sia questa l'origine della cornucopia.

72 Fratello di Tindaro, re di Sparta.

73 Vedi mito del Cigno e dei Gemelli.

74 Ovidio, I Fasti, vv. 693/720.

75 Figlie di Leucippo e perciò dette anche Leucippidi.

76 Polluce era figlio di Zeus e Leda.

77 Vedi Costellazione del Cigno.

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