Il ciclo dell'Orsa

Orsa Maggiore, Orsa Minore, Bovaro e Chioma di Berenice

(Ursa Major, Ursa Minor, Bootes et Coma Berenices)

Figura 5 - Sezione della carta del cielo con le costellazioni trattate

 

Figura 6 - Rappresentazione grafica delle costellazioni trattate

La Piccola Orsa , assieme alla Grande Orsa, sono costellazioni boreali, dell'emisfero nord, molto note già dai tempi antichi. La Grande Orsa era anche chiamata “ELICE” 22, la Piccola Orsa “CINOSAURA” 23. La prima era un punto di riferimento per i navigatori greci perché la usavano per volgersi al Nord, mentre i Fenici, navigatori più esperti, si orientavano con Cinosura 24; ora, Kochab , la stella che indicava il Nord a quel tempo, si trova in quest'ultima costellazione sicché non è difficile capire perché le rotte fenicie risultassero essere più sicure di quelle greche.

A chi osserva il Cielo ad occhio nudo, saranno visibili soltanto delle porzioni delle due costellazioni, si tratta di asterismi: il Grande Carro ed il Piccolo Carro, sono formati ciascuno da sette stelle.

La Piccola Orsa (Ursa Minor), è una costellazione poco luminosa; famosa perché contiene la Polare, a Ursae Minoris (magnitudine apparente 25 2,1) posta ad una distanza di 650 anni luce dalla Terra . L'altra stella molto importante è appunto Kochab, b Ursae Minoris (m. 2,2) che si trova a 100 anni luce, il suo nome in lingua Caldea vuol dire “la stella”, ma è anche chiamata “stella di Talete”. È l'astro dell'asterismo che si vede più nettamente e stinge leggermente verso il giallo.

 

La Grande Orsa occupa una vasta regione del cielo; le stelle più visibili della costellazione costituiscono l'asterisma del Grande Carro , chiamato dagli anglosassoni “The Big Dipper” cioè il grande mestolo.

I latini identificavano il Grande Carro come un armento di sette buoi da lavoro, chiamati nella loro lingua “triones”; e quindi il Nord veniva indicato con la locuzione “Septem Triones”; successivamente nella lingua parlata “per elisione e traslitterazione della m in n ” il nome divenne Settentrione. Formato da sette stelle tra le quali Dubhe, a Ursae Majoris (m. 2,0) lontana 68 anni luce dalla Terra, che in arabo vuol dire “il dorso dell'orsa”, una gigante gialla 26; mentre Merak, b Ursae Majoris (m. 2,4) posta a 62 anni luce, significa “i fianchi”. Esse sono anche dette “Puntatrici” perché usate per individuare la Polare. Riportando cinque volte la loro distanza (circa cinque gradi) nella direzione che da Merak va a Dubhe si arriva nelle vicinanze della Polare. Un'altra particolarità dell'asterismo è data dalla stella doppia 27 che brilla al centro del timone, Mizar, z Ursae Majoris (m. 2,4) che dista 60 anni luce, accoppiata con Alcor, g Ursae Majoris (m. 4) che si trova a 80 anni luce. 28

La costellazione comprende numerose nebulose 29 e galassie 30, alcune visibili anche con strumenti modesti.

 

Prolungando il timone del Grande Carro, si può facilmente individuare la luminosissima Arturo della costellazione del Bovaro, la quale si sviluppa tutta a Nord di questa stella.

Arturo, a Bootis (m. -0,1), una gigante rossa che dista 37 anni luce dalla Terra, è una delle stelle più brillanti dell'emisfero boreale. Da segnalare, inoltre, e Bootis (m. 2,6) lontana 160 anni luce, anche detta “Pulcherrima” che in latino vuol dire “bellissima”, una stella doppia effettivamente di rara bellezza.

I miti hanno differenti versioni che non sempre coincidono; e non suscita meraviglia che Ovidio, vissuto quasi tre secoli dopo, esponga un racconto riferito alle Orse diverso da quello di Arato. Questo accade poiché la storia dei miti è fortemente influenzata dallo sviluppo delle civiltà alle quali questi poeti-sapienti appartengono.

A proposito delle Orse celesti, Arato narra che il dio Saturno, avvertito da un oracolo del pericolo di essere detronizzato da uno dei suoi figli, prese l'abitudine di mangiarli alla nascita. La sorella- moglie Rea, dopo un'interminabile serie di neonati ingoiati dal padre, decise finalmente di sottrarne uno alla voracità del marito. Così, alla nascita di Giove, la dea avvolge una pietra nelle fasce e la porge al marito che, ingannato, la divora voracemente. Il dio-bambino viene inviato dalla madre sul monte Ditte, la montagna centrale dell'isola di Creta, e là verrà nutrito e accudito dalle Orse. Giove è nascosto in una caverna del monte abbastanza profonda da impedire che i lamenti del neonato arrivino alle orecchie di Saturno

Questa collocazione nell'isola di Creta sta ad indicare che i Greci si sentono eredi della civiltà micenea che fioriva nel mediterraneo proprio quando queste popolazioni, gli Achèi 31, provenienti dall'India vi arrivano per la prima volta.

Gli orsi sono considerati animali elettivi per via di quella similitudine nella posizione eretta che condividono con gli uomini; oltre che per la facilità con cui possono essere addomesticati.

Ovidio, invece, accomuna la costellazione della Grande Orsa a quella del Bovaro. Si racconta che Giove rimase colpito da Callisto, figlia di Licaone, re di Arcadia, una delle ninfe della dea Diana 32. L'unico modo per il dio di avvicinarla era prendere le sembianze della dea cacciatrice; e così riesce a sedurla; rivelandosi soltanto nel momento in cui, alla ninfa risulta impossibile opporsi. Qualche tempo dopo, scoprendosi gravida, la ragazza fa di tutto per nascondere il proprio stato, ma le sue compagne smascherano il sacrilegio ed ella è malamente scacciata dal seguito di Diana.

Giunone, apprendendo della relazione avuta dal marito con la bellissima ninfa, nonché della sua gravidanza, scatena la sua ira trasformandola in un'orsa pelosa. La ninfa partorisce quindi un figlio, che chiamerà Arcade e che sarà preso dall'attività venatoria quasi l'avesse ereditata direttamente dalla madre. Dopo qualche anno, l'adolescente Arcade, a caccia nei boschi incontra la madre; e mentre quest'ultima lo riconosce il giovane ignaro del segreto rapporto parentale sta per scagliare una freccia, ma il re degli dèi, preso da compassione, li salva entrambi ponendoli in cielo come Orsa maggiore (la madre) e Boote (il figlio), il guardiano delle orse.

Giunone, in preda alla sua furiosa gelosia pretende che la collocazione in cielo di Callisto non sia tale da permetterle di bagnarsi nelle acque del mare; sicchè la Grande Orsa sarà una costellazione circumpolare che non scenderà mai sotto l'orizzonte.

 

La Chioma di Berenice è una piccola costellazione di scarsa luminosità che, ad occhio nudo, si presenta come un insieme lanuginoso di decine di stelle; la si scorge tra quella di Boote e del Leone, sopra la testa della Vergine. Conta 13 stelle e contiene 5 galassie, fra cui quella de “l'Occhio Nero”. Gli antichi Greci non la classificavano come costellazione, ma la consideravano parte della coda del Leone. Fu Eratostene di Cirene, discepolo di Callimaco, che classificò quelle stelle poco luminose con il nome di “Chioma di Arianna”: « Eius et crinem esse, qui fulget sub cauda Leonis.» 33. Quando, nella seconda metà del III secolo a.C., egli fu designato dal Faraone Tolomeo Evergete come direttore della biblioteca di Alessandria, succedendo così ad Apollonio Rodio, mutò del tutto parere e classificò la costellazione “Chioma della regina Berenice d'Egitto” 34, moglie del Faraone.

Berenice è un personaggio storico, non il frutto di una leggenda.

Figlia di Maga di Cirene 35, era famosa per le sue arti da Amazzone e per i lunghi capelli colore dell'ambra, molto rari in quelle regioni 36. Ella si fidanzò con Tolomeo III Evergete, figlio del faraone d'Egitto Tolomeo II Filadelfo. Le nozze avvennero nel 247 a .C. e, alla morte di Filadelfo, Tolomeo Evergete e Berenice salirono al trono d'Egitto.

Quando il marito prese parte ad una pericolosa spedizione di guerra contro Seleuco, re di Siria, la donna fece voto che, se egli fosse tornato indenne, avrebbe offerto agli dèi gli splendidi e folti capelli. Gli dèi accettarono il suo voto e, al ritorno del marito, la regina mantenne la promessa: tagliò le sue trecce e le appese nel tempio edificato sul promontorio Zefirio 37, in onore della madre di Tolomeo, la regina Arsinoe II 38. Il giorno dopo, però, la chioma scomparve e l'astronomo di corte, Conone di Samo, spiegò che Giove, incantato dai capelli di Berenice, li aveva posti tra le stelle, a testimoniare l'amore e la devozione della regina per il marito. Callimaco assecondò la fantasia dell'astronomo e compose un'elegia, “ la Chioma di Berenice”, dove espresse tutta la sua ammirazione per la bellezza e la fierezza della regina. Catullo ne rimase così colpito che cantò la storia di Berenice nel Carme 66. Più vicino ai giorni nostri Ugo Foscolo riprese la storia, scrivendo un commento alla Chioma di Berenice di Callimaco.

 

Note

22 Perché come un'elica ruota su se stessa.

23 Significa di “coda di cane”.

24 Arato, “Fenomeni e Pronostici”.

25 Fin dall'antichità, dai tempi di Ipparco di Nicèa (II secolo a.C.), i popoli iniziarono a classificare le stelle in base al loro bagliore; naturalmente era una luminosità apparente. Come la luce di un lampione che osservato in lontananza può sembrare poco luminoso; mentre posto più vicino all'osservatore pare emettere una luce più potente. Per gli astronomi del passato, che non disponevano dei mezzi per misurarne la lontananza, tutte le stelle avevano la stessa distanza nella sfera delle stelle fisse.

La magnitudine apparente è l'unità di misura della luminosità di una stella e degli altri corpi celesti visti dalla Terra.

Oggi gli astronomi utilizzano la cosiddetta “magnitudine assoluta”, la misura della luce emessa dai corpi celesti posti virtualmente tutti alla distanza di 10 parsec (32,6 anni luce) dalla Terra.

26 Nome usato in astronomia per designare una stella di grande raggio (decine di volte quello solare); il colore che percepiamo dipende dalla sua temperatura superficiale.

27 Le stelle doppie possono essere classificate in: doppia ottica , in cui i due astri sono prospetticamente vicini, come Mizar e Alcor; doppia fisica, in cui i due corpi celesti sono così vicini da esercitare una reciproca attrazione gravitazionale che le costringe ad orbitare l'una attorno all'altra, come Algol e la sua doppia in Perseo, vedi pag. 32, o Sirio e il suo compagno nel Cane Maggiore, vedi Il ciclo di Orione.

28 La distanza apparente, cioè vista dalla Terra, è di 12 muniti d'arco. Se si tiene presente che l'occhio umano è capace di una risoluzione di qualche minuto d'arco, si capisce come il buio peggiori di circa dieci volte l'acuità visiva dell'occhio umano. A questo proposito, vale la pena ricordare che, durante la dinastia Abasside, nelle scuole arabe di astronomia la capacità di distinguere Alcor da Mizar era usato come condizione per l'accettazione dell'allievo.

29 Un tempo si designava con questo termine qualsiasi chiazza di luce in cielo sfocata. Oggi sappiamo che molte nebulose sono in realtà galassie, esterne alla nostra, che a volte vengono ancora chiamate nebulose (galassia di Andromeda/nebulosa di Andromeda). Altre nebulose sono nubi di gas caldissimo, spesso regioni di formazione di stelle (nebulosa di Orione).

30 Il nome usato dai Greci per designare la Via Lattea (Galaxias kuklos – circolo latteo). Immensi sistemi stellari nello spazio cosmico tenuti insieme dalla forza di gravità

31 La prima tribù greca arriva in Grecia nel 1500 a .C. circa.

32 Le seguaci di Diana, come lei, facevano voto di castità.

33 Eratostene, Catasterismi II Corona.

34 Eratostene, Catasterismi II, 24, 1-2 Leone

35 Per molti, fra cui Catullo, Berenice era anch'ella figlia del faraone e perciò sorella di Evergete. In realtà molti sostengono che fossero cugini.

36 In quanto Berenice non era di razza Egiziana ma aveva origini Macedoni.

37 Territorio compreso fra Alessandria e il Canopo.

38 Madre della stessa Berenice, secondo quelli che sostengono la paternità del re. La regina Arsinoe II, venerata con il nome di Arsinoe Afrodite, fu poi identificata con la dea Venere.

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