Alcune regole elementari per osservare il cielo notturno
Poniamoci ora nelle condizioni materiali dell'osservazione notturna. Scelto il luogo con il criterio di minimizzare la luce artificiale e le ostruzioni dell'orizzonte, bisogna aspettare cinque minuti circa per permettere all'occhio di situarsi nello stato di visione notturna - l'occhio, infatti, utilizza ricettori cerebrali diversi per la visione diurna e per quella notturna; rispettivamente “coni” e “bastoncelli”.
Una volta l'occhio adattato, conviene subito cercare il Nord celeste cioè la stella Polare; per questo, può essere d'aiuto, la forma dell'Asterisma del Piccolo Carro dal momento che la Polare è proprio l'ultima stella del Timone. Le stelle nella parte Nord del Cielo, attorno alla Polare, sono le stesse tutto l'anno; e lo studente-spettatore imparerà a riconoscerle al primo sguardo.
Trovato il Nord, bisognerà rivolgersi subito dopo ad Ovest, perché è la che le stelle tramontano, sicché; se ci rivolge a Ponente dopo aver scrutato le altre regioni del Cielo, molte stelle risulteranno invisibili per via che saranno già tramontate.
Dopo il Nord e l'Ovest, si osservi il Sud e quindi l'Est. Durante questa rotazione della visione a 360° si abbia cura di disporre della Mappa corrispondente alla data dell'osservazione collocandola rovesciata sopra la testa, in modo che le direzioni cardinali della mappa e quelle del Cielo siano tra loro conformi - in altri termini, le costellazioni sulla Mappa appariranno con le stesse posizioni relative che nel Cielo.
Lo sforzo osservativo va investito, prima di tutto, nell'individuare le stelle più luminose, quelle di prima grandezza, che sono elencate, per nome, nel bordo inferiore della Mappa; subito dopo si cerchi di riconoscere le forme delle costellazioni, da quelle più nette a quelle più pallide.
Si ricordi che guardare il Cielo verso il suo centro o Zenith corrisponde ad uno sforzo cervicale notevole, dal momento che corrisponde a vedere sopra la testa, visione per la quale il nostro corpo non è, antropologicamente, adattato - sicché, se si vogliono guardare le stelle in quella regione ed evitare dei mal di capo il mattino seguente, è preferibile usare una sedia o anche sdraiarsi su una coperta per terra.
Inoltre, non bisogna dimenticare che è inutile sforzarsi di riconoscere le costellazioni quando si trovano sull'orizzonte: la luce delle stelle, giungendo lungo la direzione orizzontale, deve attraversare uno strato atmosferico assai più esteso che nella direzione obliqua o verticale ; inoltre, l'aria densa e qualche po' inquinata , vicina alla superficie terrestre, produce un alone nebbioso che riduce drasticamente la luminosità apparente delle stelle.
Alcune altre avvertenze possono risultare utili allo studente-spettatore.
Prima di tutto conviene ricordare il fenomeno detto “illusione della Luna”. La Luna sembra molto più grande sull'orizzonte che quando si trova alta nel Cielo; e questo è vero anche per il Sole e tutte le costellazioni. Queste ultime sembrano rannicchiarsi via via che si alzano sulla volta celeste.
Si prenda, ad esempio, Orione, di prima sera, a gennaio, basso sull'orizzonte Est: la sua estensione spaziale è decisamente grande; ma, già dopo due ore si è rimpicciolito, e ancor più dopo quattro quando è arrivato quasi al Centro del Cielo, sulla testa dell'osservatore. Solo dopo aver culminato, cioè aver attraversato il Meridiano del luogo, ricomincia a crescere fino ad avere le dimensioni iniziali quando tramonta sull'orizzonte Ovest.
La stessa “illusione” è all'opera quando si osservano le stelle sull'orizzonte: esse sembrano più alte di quello che realmente sono, dove realmente vuol dire effettuare la misura dell'altezza con uno strumento. Si consideri, ad esempio, la Polare : alla nostra latitudine cioè a 40° circa dovrebbe trovarsi sotto il punto mediano tra orizzonte e Zenith; è invece essa appare nettamente più alta.
Si tratta di illusione in senso proprio; infatti, se misuriamo o fotografiamo la Luna nelle due posizioni, rispettivamente orizzonte e punto di culminazione, costatiamo che ha la stessa grandezza; ed anche se fotografiamo la stella Polare tenendo l'orizzonte come scenario, ci accorgiamo che ha esattamente la stessa altezza che la latitudine del luogo, e non quella,nettamente maggiore, che l'occhio aveva visto.
L'animale uomo ha molta più esperienza nel valutare le distanze dei corpi posti davanti in orizzontale che di quelli posti in alto in verticale; sicché un oggetto qualunque, e non solo quelli celesti, sembrerà più piccolo se si trova sulla testa di quanto sembri se è posto orizzontalmente alla stessa distanza. Si tratta di una capacità che mescola la visione parallaticca dei nostri occhi con l'abilità acquisita con l'esperienza.
Lo studente–spettatore può, all'inizio dell'esperienza osservativi, sorprendersi per le acrobazie che le Costellazioni compiono nel Cielo. Accade così che la Vergine , per dirne una, osservata sulle Mappe, monta verso il centro della volta con la testa all'insù, per poi sdraiarsi sulla schiena ed infine tramontare con i piedi in aria; i Gemelli, per dirne un'altra, disegnano un movimento analogo.
Questi movimenti grotteschi delle costellazioni sono dovuti alla rotazione della volta celeste attorno alla Polare; una volta che questa constatazione è interiorizzata lo stravolgimento delle figure non crea nessuna confusione.
Ancora un altro avvertimento: la grandezza delle stelle non cambia se le guardiamo ad occhio nudo, con un binocolo e perfino con un telescopio; la loro immane distanza fa sì che esse ci appaiano sempre puntiformi, e presentino differenze solo per la luminosità, alcune più brillanti altre meno.
Sulle nostre Mappe, tuttavia, la diversa luminosità delle stelle è rappresentata come differente estensione sulla pagina; sicché anche il più piccolo simbolo finisce con l'avere, in proporzione, una estensione più grande di qualunque stella, fosse anche la più brillante nel Cielo.
L'effetto complessivo è che le stelle sulla Mappa sembrano essere assai più vicine tra di loro di quanto avvenga, comparativamente, sulla volta celeste; e.g. si confrontino le distanze tra le stelle della cintura d'Orione sulla Mappa e nel Cielo.
Ancora un avviso per lo studente spettatore: può capitare di osservare un oggetto celeste assai luminoso che non compare nella Mappa; con buona probabilità, si tratta di un pianeta.
I pianeti, infatti, non figurano sulle carte celesti perché non hanno, dirò così, una residenza fissa: essi, come vuole l'etimo della parola, errano tra le costellazioni.
I pianeti, ufficialmente recensiti, del sistema solare sono nove, compresa la Terra. Solo cinque sono però quelli visibili ad occhio nudo - e noi ci occuperemo solo di questi cioè di Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno.
Mercurio, per cominciare, è talmente vicino al Sole da risultare di difficile osservazione. Degli altri quattro, però, almeno uno, di solito, è in giro per il Cielo; spesso ve ne sono due, qualche volta tre ed,occasionalmente, quattro - anche non necessariamente alla stessa ora.
Fortunatamente, i pianeti viaggiano tutti lungo una stessa fascia di Cielo, quella individuata dalle costellazioni dello Zodiaco, mai molto lontane dall'ecclittica. Per questa ragione, l'ecclittica è mostrata sulle Mappe come una linea bianca punteggiata; quando v'è là vicino un astro brillante vuol dire che è un pianeta.
Venere è il pianeta nonché l'oggetto celeste più luminoso, a prescindere, va da sé, dalla Luna e dal Sole. Di conseguenza, Venere è facile da riconoscere, anche perché dimora, per così dire, solo in due regioni del Cielo: sull'orizzonte di Levante, immediatamente prima dell'alba, come “stella del mattino”; o, in alternativa, sull'orizzonte di Ponente, al tramonto, come “stella della sera”; sicché, fino al secolo scorso, nei grandi pascoli della Sila, i pastori solevano usare l'apparizione dell'astro come segnatempo per l'uscita o il rientro del gregge.
Inutilmente l'osservatore cercherebbe Venere nel Cielo di mezzanotte.
Mette conto ricordare che, per secoli, tanto i Greci quanto i Latini pensarono che si trattasse di due diverse stelle, chiamate rispettivamente Lucifero e Vespero. Secondo Diogene Laertio, fu Parmenide di Elea, (piccola città situata a Salerno, cioè qua vicino), il primo poeta-scienziato che scoperse trattarsi, in realtà, di un solo oggetto luminoso e precisamente un solo pianeta.
Non così brillante come Venere ma certo più luminoso che qualsiasi stella ci appare Giove nel Cielo notturno: alto o basso sull'orizzonte, ad Est o a Sud o ad Ovest, ad ogni ora della notte, ma sempre dentro una costellazione zodiacale e sempre vicino alla linea dell'ecclittica.
Accade lo stesso per gli altri due pianeti, Marte e Saturno. Quest'ultimo non è mai brillante come Giove, pur presentandosi sempre come una stella di prima grandezza.
La luce di Marte, invece, muta considerevolmente secondo la distanza dalla Terra - questa distanza, infatti, varia assai di più che quella degli altri pianeti: da 34 milioni di chilometri quando è più vicino alla Terra, cioè al perigeo, a 247 milioni quando si trova alla massima distanza, cioè all'apogeo; si tratta quindi di un fattore di variazione maggiore di sette, da confrontare con quello di Giove e Saturno entrambi inferiori a due.
Questo comporta che Marte sia, qualche rara volta luminoso come Giove, frequentemente superiore o pari a Saturno; e ancor più spesso ci appaia solo come una stella di seconda grandezza - ma, brillante o tenue che sia la sua luce, è possibile riconoscerla, oltre che per l'assenza di scintillio tipico di tutti i pianeti, anche e soprattutto per quello specifico color vermiglio che valse, nella tradizione greco-babilonese, l'identificazione con il dio della guerra.
L'errare dei pianeti nel Cielo notturno può sembrare introdurre una qualche difficoltà per l'osservatore - ed invece, dopo le prime esperienze, stabilire la costellazione dove è in corso di transito un determinato pianeta, si rivela un esercizio altamente gratificante.
Una penultima avvertenza: nelle Mappe la nostra galassia, cioè la Via lattea, è riportata come una striscia irregolare punteggiata di bianco; si sconsiglia lo studente-spettatore di cercala nel Cielo notturno salvo che si tratti di una notte dolce e chiara; la sola presenza della Luna o anche il riverbero delle luci pubbliche rende impossibile il riconoscimento della Via lattea – sicché è inutile cercarla da siti vicino a grandi città; vale la pena, però, trovare un sito, di tanto in tanto, dove sia possibile osservarla: è allora che il firmamento, colto come una sola cosa, appare in tutto il suo splendore; e si realizza completamente il principio d'individuazione, la coscienza enorme, sorda ed ineffabile, d'appartenere al cosmo, abbandonati e annientati dall'enormità materiale ma consapevoli di questo stesso abbandono.
Infine, per rassicurare i nostri quattro lettori, le Mappe possono essere usate in qualsiasi luogo della Terra a condizione che sia compreso tra le latitudini indicate. A Napoli come ad Istambul, a Whashington come a Tokio il Cielo ci appare popolato dalle stesse stelle alla stessa ora locale dello stesso giorno.